Direttamente ed indirettamente ognuno di noi ha avuto a che fare con un colpo di frusta cervicale, il più delle volte, da incidente stradale, più precisamente da tamponamento o da scontro frontale.
Per il normale automobilista, le conoscenze sul colpo di frusta sono limitate ad una radiografia fatta in sede di Pronto Soccorso, ad un collare, ad alcuni giorni di riposo e poi, dulcis in fundo, al risarcimento dell’assicurazione.
Naturalmente tutto ciò è molto superficiale.
Questo articolo è un tentativo di fornire qualche informazione più approfondita, nell’intento di essere di aiuto all’infortunato.
Va ricordato che il segmento cervicale della colonna, al cui interno decorre il midollo spinale, è in alto a diretto contatto con il cranio (osso occipitale) ed è un tratto estremamente mobile che permette allo sguardo di esplorare lo spazio su diversi piani.
Durante il colpo di frusta, la colonna cervicale, formata da sette vertebre, subisce un movimento rapido e violento di flessione ed estensione.
Questo movimento, di per sé, non è un movimento innaturale, cioè è consentito alla colonna cervicale.
Infatti, quando leggiamo il giornale pieghiamo il capo in avanti (flessione) ;quando guardiamo il cielo i nostri occhi sono rivolti verso l’alto (estensione)
Questi semplici movimenti sono resi possibili dalla forma delle vertebre (le loro superfici di articolazione) dai legamenti che stabilizzano il complesso e dai numerosi muscoli che sono deputati anteriormente alla flessione e posteriormente all’estensione.
Quello che non è naturale, nel trauma di cui discutiamo, è la velocità e l’intensità del rapido movimento di flessione ed estensione che avviene durante il colpo di frusta.
Con tali caratteristiche, il movimento effettuato tende a sollecitare in modo brusco ed intenso sia le diverse articolazioni che le strutture muscolari.
Per fortuna le articolazioni fra una vertebra e l’altra sono molto stabili e quindi solo in casi eccezionali si verifica la perdita dei rapporti fra una vertebra e l’altra (lussazione) , ma ciò non toglie che la sollecitazione possa esercitare un’azione tale da causare lesioni delle capsule che tutelano le articolazioni e dei legamenti.

Quando queste strutture vengono sollecitate , come in questo caso, in modo patologico, devono essere messe a riposo per dare loro il tempo di guarire dall’insulto traumatico.
Caposaldo essenziale è in tali casi rappresentato dall’immobilizzazione.
Questa deve essere immediata e prolungata per un periodo di tempo proporzionale all’entità del danno.
Solo quando si sia bene avviato il processo di guarigione, questa è la seconda regola, potrà essere iniziato il trattamento riabilitativo, attivo e passivo.
Una mobilizzazione precoce, specie se effettuata con movimenti violenti, è dannosa e prolunga i tempi di recupero per la completa guarigione.
Come per tutti i traumi distorsivi quindi, valga l’esempio della caviglia, bisogna rispettare un primo tempo in cui le strutture vengono messe a riposo e solo in un secondo tempo, con gradualità, va iniziato il trattamento riabilitativo.
Spesso alcuni consiglieri occasionali suggeriscono di non rispettare i tempi di immobilizzazione e muoversi precocemente con la motivazione che ci si abitua al tutore, qualsiasi esso sia, tanto da causare una successiva difficoltà nella ripresa.
Rx in laterale della colonna cervicale che dimostra la rettilineizzazione del normale profilo.
Qui subentra l’opera dello specialista che, visitato il paziente ed ascoltata la sintomatologia, può decidere sui tempi da rispettare.
Se dopo dieci giorni di immobilizzazione, il dolore è regredito, sono scomparsi ulteriori sintomi come la cefalea e la nausea, allora potrà essere iniziata la seconda fase.
In caso contrario è preferibile allungare i tempi dell’immobilizzazione per garantire una completa guarigione.
Altro concetto importante è che il trauma in oggetto, nella maggior parte dei casi, non è tale da lasciare postumi rilevanti.
La maggior parte dei soggetti infatti non ricorda, a distanza di alcuni mesi, l’accaduto.
Da ciò discende la terza regola.In sede risarcitiva ci si deve aspettare un’invalidità residua, cioè permanente che, a parte le dovute eccezioni, non supera il 2-3% del totale dell’integrità del soggetto.
Naturalmente esiste anche una invalidità temporanea, la cui valutazione va fatta a parte.
Sempre in tema di pratica assicurativa, è buona norma conservare con cura ogni certificazione che viene rilasciata sia dal medico curante che da eventuali specialisti.
Anche le spese, legate all’infortunio, vanno sempre documentate allo scopo di ottenerne il rimborso.
Per quanto si riferisce all’immobilizzazione, esistono diversi tipi di collari, di maggior o minore consistenza, con la possibilità di regolarne l’altezza, con appoggio mentoniero ed occipitale.
La terapia medica, analgesica ed antinfiammatoria, è naturalmente utile, specie nei primi giorni che seguono il trauma.
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